Page 99 - Vivere le città d'arte
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Le 8 città barocche della Val diNoto
SICILIA
Greci, fenici, romani, bizantini, arabi, normanni, spagnoli e austriaci: tutti i popoli che hanno vissuto in Sicilia, vi hanno lasciato una traccia, arricchendo e amplificando i tesori
e la cultura di un’isola dove, come disse Omero, pasce il gregge del sole.
Sono 7 i siti siciliani che sono entrati a far parte della lista Patrimonio dell’umanità Unesco, ovvero Villa Romana del Casale, una villa tardo romana a ridosso di Piazza Armerina, in provincia di Enna, la superba Valle dei Templi di Agrigento, con i 10 templi in ordine dorico, 3 santuari e alcune necropoli, le Isole Eolie, con Lipari, Vulcano, Salina, Stromboli, Filicudi, Alicudi e Panarea, la Necropoli di Pantalica, con più di 5000 tombe costruite tra il XIII e il Vii secolo a.C., Palermo, con le sue meraviglie come San Giovanni degli Eremiti, la Chiesa della Martorana, la Chiesa di San Cataldo, Palazzo Reale, la Cappella Palatina, la Zisa, Ponte dell’Am- miraglio, la Cattedrale di Palermo, e il duomo di Cefalù e di Monre- ale, Monte Etna, per l’eccezionale livello di attività vulcanica e per le testimonianze inerenti a tale attività che risalgono a oltre 2700 anni, e gli 8 centri storici barocchi della Val di Noto.
Caltagirone, Militello in Val di Catania, Catania, Modica, Noto, Palazzolo Acreide, Ragusa e Scicli sono infatti le città che rappre- sentano al meglio lo stile tardo barocco in Sicilia, uno stile ricer- cato, elegante e ben visibile passeggiando per i loro centri storici.
Caltagirone è famosa per le sue maioliche e per i suoi arti- giani ceramisti: la Scala di Santa Maria del Monte ha 142 scalini le cui alzate sono state decorate con mattonelle di ceramica poli- croma dipinta a mano. Alla fine della scalinata, la Chiesa di Santa Maria del Monte è ornata da un mosaico che rappresenta la conduzione dalla campana di Altavilla a Caltagirone.
Militello in Val di Catania è un piccolo e caratteristico borgo che ha origini risalenti al III secolo a.C., mentre Catania è famosa per il Duomo e la via Etnea, dove lo stile barocco si concentra nelle decorazioni e nei pregevoli stucchi dei palazzi signorili.
Modica, oltre che il suo cioccolato caratterizzato da un sapore e una consistenza unici al mondo, offre una piacevole passeggiata tra le sue stradine che conducono al Castello dei Conti e alla Torre dell’Orologio, dove la vista sulla città è straordinaria.
Noto è la città siciliana barocca per eccellenza e la sua Catte- drale ne è la testimonianza più celebre, mentre è a Ragusa Ibla, la parte più antica di Ragusa, che si può ammirare lo splendido Duomo di San Giorgio e il suo portale in stile gotico catalano.
Infine Scicli, affascinante cittadina ricca di chiese e palazzi nobiliare, nonché teatro di molti degli episodi del celebre Commis- sario Montalbano dell’indimenticato Camilleri.
Il Grande Cretto, muoversi dentro la memoria
Esiste un luogo in Sicilia che luogo non è più.
Al suo posto c’è l’opera di land art più grande d’Italia, una delle più grandi al mondo in verità, e che è in grado di annientare il respiro e di ridurlo a un silenzioso urlo.
Quel non luogo è il Grande Cretto di Alberto Burri e sorge dove prima c’erano case, persone, parole, vita, Gibellina.
Fu il terremoto del 15 gennaio del 1968 a portarsi via dalle cartine geografiche un’intera città, provocando 1150 vittime, 98.000 sfollati e un totale di 6 paesi distrutti nella valle del Belice, in provincia di Trapani.
Gibellina venne ricostruita negli anni successivi, a 20 km dalle macerie del vecchio insediamento, dando vita a una città nuova, con abitanti che cercavano di convivere, loro malgrado, con quel terribile trauma del cataclisma.
Il sindaco Ludovico Corrao, convinto che l’arte potesse in un qualche modo aiutare a superare lo shock, iniziò a chiedere l’intervento di tanti architetti ed artisti, tra cui Alberto Burri, che propose qualcosa di mai visto prima.
Burri vide il nuovo insediamento, ricco di nuovi edifici e nuove opere, e pensò subito di aver fatto un giro a vuoto, ma di fronte alle rovine della scomparsa Gibellina, ebbe l’illuminazione: per superare il trauma, bisogna semplicemente non dimenticare.
Il Grande Cretto, la colata di cemento più bella al mondo, con i suoi 80mila metri quadrati di cemento bianco e detriti che corri- spondono nella maggior parte agli isolati delle abitazioni e delle strade che ora non ci sono più, è un’opera della memoria di gran- dissima potenza, un labirinto visivo, concreto e spirituale di ferite vive eppure immobili.
Burri aveva già realizzato negli anni 70 diverse opere con la tecnica del cretto, che rimanda alle fessurazioni delle terre argil- lose, ma di fronte alle macerie di Gibellina pensò a un cretto su scala ambientale; i lavori iniziarono nel 1985, vennero interrotti nel 1989 e ripresi a 30 anni di distanza, nel 2015, ultimando l’opera di Burri, scomparso nel 1995.
Si percorre il Grande Cretto con un rispettoso silenzio, che ad un certo punto si trasforma in un urlo sordo, e quando ci si allontana si ha la consapevolezza non di aver visitato un monu- mento, ma di averlo vissuto.
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